venerdì 20 aprile 2007
martedì 17 aprile 2007
martedì 27 marzo 2007
lunedì 19 marzo 2007
The Fountain trailer
Quando non si riesce a dare un significato alla morte, ecco che si fa di tutto per cercare di eliminarla. Impossibile da domare, la morte fa parte della vita stessa, un tutt'uno, come una nebulosa che sta per morire, perciò rigeneratrice di vita.
Bellissimo film da vedere. Consigliato a tutti.
sabato 17 marzo 2007
Roma, Italia — Secondo il rapporto Fao sullo stato delle foreste del mondo, la deforestazione rallenta. Ma c'è un errore: si confondono le foreste con le piantagioni. Cresce, infatti, il numero di alberi piantati in Paesi che hanno, però, già perso le proprie foreste naturali. Intanto le grandi foreste primarie - soprattutto quelle tropicali - continuano a essere rosicchiate dall'industria del legno. Senza tregua.
Secondo la Fao, in Asia aumenta la superficie forestale grazie ai quattro milioni di ettari di piantumazioni in Cina. Certo le piantagioni non compensano la devastazione delle foreste tropicali dell'Indonesia, dove la deforestazione - sono sempre dati Fao - avanza a un tasso annuale del 2 per cento.
Secondo l'analisi di Greenpeace delle ultime mappe pubblicate dalle Nazioni Unite, l'Indonesia si è guadagnata il titolo di più veloce distruttore di foreste dell'intero pianeta. Distrugge, infatti, 49 chilometri quadrati di foreste al giorno - otto campi di calcio al minuto - ovvero il 2 per cento delle foreste del paese all'anno.
In Africa, il tasso di deforestazione è allarmante. Nella Repubblica Democratica del Congo - ora che la guerra è formalmente finita - la Banca Mondiale propone la stessa ricetta usata dieci anni fa in Camerun: una riforma forestale a tutto vantaggio dell'industria del legno.
In Camerun questa ricetta è stata un fallimento: terre espropriate senza consultare le comunità locali; piani di gestione fasulli e insostenibili; irregolarità nella gestione delle concessioni; corruzione; utilizzo delle tasse di superficie senza alcun beneficio per le comunità; assenza di un efficace sistema di monitoraggio della legalità.
Deforestazione in Congo
In America Latina, l'Amazzonia perde 25.276 chilometri quadrati di foresta, un'area grande quanto la Sicilia.
Anche le foreste boreali sono a rischio. La Finlandia incrementa la propria superficie boscata, ma distrugge gli ultimi frammenti di foresta primaria, nonostante gli avvertimenti della comunità scientifica. Nei giorni scorsi gli attivisti di Greenpeace hanno protestato a Helsinki, di fronte alla direzione di Stora Enso, il principale acquirente di fibre di legno dall'agenzia statale Metsähallitus, che sta distruggendo le preziose foreste affidatele. Con questo legno, la Stora Enso produce carta per riviste stampate in tutto il mondo, Italia inclusa, e risme da fotocopie.
In Canada continua la pratica del taglio a raso. Ma la battaglia di Greenpeace contro la Kimberly-Clark, il gigante della carta che utilizza fibra vergine proveniente dalle foreste boreali, sta dando i suoi frutti: più di 700 aziende hanno boicottato la Kimberly-Clark, chiedendo più fibra riciclata e taglio sostenibile a difesa delle foreste del Canada. Anche gli impianti sciistici di Aspen hanno deciso di eliminare i suoi prodotti da tutte le stazioni sciistiche, alberghi e ristoranti compresi.
Una buona notizia arriva dalla Russia. In seguito alle denunce di Greenpeace, il direttore dell'Agenzia forestale russa, Valery Roschupkin, ha disposto un'indagine immediata sulle massicce violazioni della legge forestale nella repubblica russa della Camelia. Il rapporto Complici nel crimine: un'indagine di Greenpeace sul traffico di legno illegale con la Russia era stata divulgata lo scorso anno.
Non si tratta solo di proteggere la biodiversità sempre più minacciata. Secondo la Banca Mondiale 1,2 miliardi di persone hanno bisogno delle foreste per sopravvivere. La perdita delle foreste naturali causerà un incremento della povertà, dell'insicurezza sociale e dell'instabilità.
http://www.greenpeace.it/guidalegno/scheda_legno.php
Secondo la Fao, in Asia aumenta la superficie forestale grazie ai quattro milioni di ettari di piantumazioni in Cina. Certo le piantagioni non compensano la devastazione delle foreste tropicali dell'Indonesia, dove la deforestazione - sono sempre dati Fao - avanza a un tasso annuale del 2 per cento.
Secondo l'analisi di Greenpeace delle ultime mappe pubblicate dalle Nazioni Unite, l'Indonesia si è guadagnata il titolo di più veloce distruttore di foreste dell'intero pianeta. Distrugge, infatti, 49 chilometri quadrati di foreste al giorno - otto campi di calcio al minuto - ovvero il 2 per cento delle foreste del paese all'anno.
In Africa, il tasso di deforestazione è allarmante. Nella Repubblica Democratica del Congo - ora che la guerra è formalmente finita - la Banca Mondiale propone la stessa ricetta usata dieci anni fa in Camerun: una riforma forestale a tutto vantaggio dell'industria del legno.
In Camerun questa ricetta è stata un fallimento: terre espropriate senza consultare le comunità locali; piani di gestione fasulli e insostenibili; irregolarità nella gestione delle concessioni; corruzione; utilizzo delle tasse di superficie senza alcun beneficio per le comunità; assenza di un efficace sistema di monitoraggio della legalità.
Deforestazione in Congo
In America Latina, l'Amazzonia perde 25.276 chilometri quadrati di foresta, un'area grande quanto la Sicilia.
Anche le foreste boreali sono a rischio. La Finlandia incrementa la propria superficie boscata, ma distrugge gli ultimi frammenti di foresta primaria, nonostante gli avvertimenti della comunità scientifica. Nei giorni scorsi gli attivisti di Greenpeace hanno protestato a Helsinki, di fronte alla direzione di Stora Enso, il principale acquirente di fibre di legno dall'agenzia statale Metsähallitus, che sta distruggendo le preziose foreste affidatele. Con questo legno, la Stora Enso produce carta per riviste stampate in tutto il mondo, Italia inclusa, e risme da fotocopie.
In Canada continua la pratica del taglio a raso. Ma la battaglia di Greenpeace contro la Kimberly-Clark, il gigante della carta che utilizza fibra vergine proveniente dalle foreste boreali, sta dando i suoi frutti: più di 700 aziende hanno boicottato la Kimberly-Clark, chiedendo più fibra riciclata e taglio sostenibile a difesa delle foreste del Canada. Anche gli impianti sciistici di Aspen hanno deciso di eliminare i suoi prodotti da tutte le stazioni sciistiche, alberghi e ristoranti compresi.
Una buona notizia arriva dalla Russia. In seguito alle denunce di Greenpeace, il direttore dell'Agenzia forestale russa, Valery Roschupkin, ha disposto un'indagine immediata sulle massicce violazioni della legge forestale nella repubblica russa della Camelia. Il rapporto Complici nel crimine: un'indagine di Greenpeace sul traffico di legno illegale con la Russia era stata divulgata lo scorso anno.
Non si tratta solo di proteggere la biodiversità sempre più minacciata. Secondo la Banca Mondiale 1,2 miliardi di persone hanno bisogno delle foreste per sopravvivere. La perdita delle foreste naturali causerà un incremento della povertà, dell'insicurezza sociale e dell'instabilità.
http://www.greenpeace.it/guidalegno/scheda_legno.php
domenica 4 marzo 2007
Ambientalisti salvano flotta baleniera.
Roma, Italia — Mai più! Con questo messaggio la nave "Esperanza" sta scortando la flotta baleniera giapponese fuori dalle acque antartiche. Lontano dall'area di caccia. L'incendio a bordo della Nisshin Maru ha minacciato gravemente l'ambiente incontaminato dell'Antartide. E un membro dell'equipaggio è morto. Il governo giapponese e la comunità internazionale devono ora promettere che questa stagione di caccia sarà l'ultima.
Nei giorni scorsi, infatti, un grave incendio scoppia a bordo della baleniera giapponese "Nisshin Maru". La nave Esperanza offre aiuto immediato. E si offre per compiere una prima valutazione del potenziale impatto ambientale. Il governo di Tokyo rifiuta i soccorsi. Un intero equipaggio e un ecosistema unico come quello antartico vengono messi in pericolo.
Ironia della sorte per l'Esperanza: in navigazione da giorni nelle gelide acque dell'Oceano Meridionale per intercettare e ostacolare la flotta baleniera del Giappone, la nave di Greenpeace riceve, proprio da una delle navi giapponesi - la Nisshin Maru - un SOS!
Dopo lunghi giorni di duro lavoro, l'equipaggio giapponese riesce a riparare la nave. Stavolta non si tratta soltanto dell'assurdità della caccia alle balene all'interno di un santuario internazionale: questa stagione è stata segnata da una tragedia umana. Ed è stata sfiorata una grave minaccia ambientale. Ci auguriamo che sia l'ultima.
Il governo giapponese dovrebbe investire meglio il denaro dei contribuenti: il 95 per cento dei giapponesi non ha mai mangiato la carne di balena. Questa carne ha così poco mercato che resta invenduta nei magazzini, viene usata per preparare cibo per cani o addirittura finisce in discarica. Mandare altre navi a fare a pezzi balene e a minacciare l'ambiente sarebbe vergognoso. E contrario a ogni logica di mercato.
L'Esperanza continuerà a scortare la flotta baleniera finché sarà chiaro che non c'è più alcuna intenzione di tornare a cacciare. La nave di Greenpeace navigherà poi verso l'Australia per chiudere la campagna "Defending Our Oceans", una spedizione di quattordici mesi per denunciare tutte le minacce agli oceani.
www.greenpeace.it
La definirei proprio una bella lezione di vita. L'antartide ha rischiato veramente molto, speriamo che le cose cambino, anche se l'economia, per il momento, ha sempre riscosso maggiore interesse rispetto all'ambiente.
Emilz, l'osservatore.
Nei giorni scorsi, infatti, un grave incendio scoppia a bordo della baleniera giapponese "Nisshin Maru". La nave Esperanza offre aiuto immediato. E si offre per compiere una prima valutazione del potenziale impatto ambientale. Il governo di Tokyo rifiuta i soccorsi. Un intero equipaggio e un ecosistema unico come quello antartico vengono messi in pericolo.
Ironia della sorte per l'Esperanza: in navigazione da giorni nelle gelide acque dell'Oceano Meridionale per intercettare e ostacolare la flotta baleniera del Giappone, la nave di Greenpeace riceve, proprio da una delle navi giapponesi - la Nisshin Maru - un SOS!
Dopo lunghi giorni di duro lavoro, l'equipaggio giapponese riesce a riparare la nave. Stavolta non si tratta soltanto dell'assurdità della caccia alle balene all'interno di un santuario internazionale: questa stagione è stata segnata da una tragedia umana. Ed è stata sfiorata una grave minaccia ambientale. Ci auguriamo che sia l'ultima.
Il governo giapponese dovrebbe investire meglio il denaro dei contribuenti: il 95 per cento dei giapponesi non ha mai mangiato la carne di balena. Questa carne ha così poco mercato che resta invenduta nei magazzini, viene usata per preparare cibo per cani o addirittura finisce in discarica. Mandare altre navi a fare a pezzi balene e a minacciare l'ambiente sarebbe vergognoso. E contrario a ogni logica di mercato.
L'Esperanza continuerà a scortare la flotta baleniera finché sarà chiaro che non c'è più alcuna intenzione di tornare a cacciare. La nave di Greenpeace navigherà poi verso l'Australia per chiudere la campagna "Defending Our Oceans", una spedizione di quattordici mesi per denunciare tutte le minacce agli oceani.
www.greenpeace.it
La definirei proprio una bella lezione di vita. L'antartide ha rischiato veramente molto, speriamo che le cose cambino, anche se l'economia, per il momento, ha sempre riscosso maggiore interesse rispetto all'ambiente.
Emilz, l'osservatore.
sabato 3 marzo 2007
venerdì 2 marzo 2007
giovedì 1 marzo 2007
domenica 18 febbraio 2007
sabato 17 febbraio 2007
Matte painting - Primo esperimento
Che cos'è il Matte Painting? 
Per Matte Painting si intende una tecnica usata prevalentemente in ambito cinematografico utile alla creazione (o all'estensione) di scenografie virtuali.
Originariamente il procedimento consisteva nel dipingere il necessario (tramite colorazioni ad olio) su delle lastre di vetro per poi porre quest'ultime al di sopra della pellicola (o dei singoli fotogrammi). Tutto ciò al fine di raggiungere il risultato desiderato.
Oggigiorno la realizzazione avviene esclusivamente in ambito digitale utilizzando software di painting e manipolazione di immagini (come Adobe Photoshop) unito a una periferica di input manuale chiamata "tavoletta grafica" (graphic tablet).
È una tecnica di indiscussa utilità in quanto permette la creazione di ambientazioni virtuali inesistenti o troppo costose da filmare. È una disciplina ibrida; presuppone delle ottime capacità di manipolazione di immagini, disegno, pittura e buone nozioni di prospettiva e fotografia. Wikipedia.
Originariamente il procedimento consisteva nel dipingere il necessario (tramite colorazioni ad olio) su delle lastre di vetro per poi porre quest'ultime al di sopra della pellicola (o dei singoli fotogrammi). Tutto ciò al fine di raggiungere il risultato desiderato.
Oggigiorno la realizzazione avviene esclusivamente in ambito digitale utilizzando software di painting e manipolazione di immagini (come Adobe Photoshop) unito a una periferica di input manuale chiamata "tavoletta grafica" (graphic tablet).
È una tecnica di indiscussa utilità in quanto permette la creazione di ambientazioni virtuali inesistenti o troppo costose da filmare. È una disciplina ibrida; presuppone delle ottime capacità di manipolazione di immagini, disegno, pittura e buone nozioni di prospettiva e fotografia. Wikipedia.

E' molto divertente provateci!
Emilz. l'osservatore.
giovedì 8 febbraio 2007
Siamo troppo paraculi
Qualche giorno fa in famiglia si è discusso sul problema dell'inquinamento. Per alcuni dei miei famigliari le cose sarebbero normali, perchè si tratterebbe di eventi naturali, ciclici.
Per loro, ma chissà per quanta altra gente, l'inquinamento non ha la potenza necessaria per cambiare le sorti del clima e di tanti altri fattori descritti ampiamente nell'articolo che segue.
A volte è più facile tirarsi indietro che cercare di modificare le ampie stupidaggini che stiamo commettendo.
EFFETTI A SCALA GLOBALE
I gas serra L'accumulo di gas serra nell'atmosfera sta producendo un aumento della temperature globale, con effetti sul livello del mare, sulla frequenze di siccità e alluvioni, su agricoltura e biodiversità e quindi sui diversi settori socio-economici. I principali gas serra sono l'anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) e il protossido di azoto. Inoltre, il generale aumento dell'ozono troposferico (O3), causato dalle emissioni di ossido di azoto (NOx) e composti organici volatili non metanici (COVNM), contribuisce all'aumento della temperatura globale. Il maggior contributo del settore dei trasporti stradali ai gas serra viene dato in termini di CO2. Pur contribuendo del solo 24% alle emissioni totali nazionali, dopo il settore della combustione, durante la produzione di energia e industria di trasformazione, le emissioni di CO2 dei trasporti stradali mostrano un andamento costante crescente dal 1980 al 1997, seguendo un trend opposto rispetto alle altre sostanze. Tale tendenza sembra dovuta all'aumento delle percorrenze complessive e del numero delle autovetture, nonché ad un relativo aumento delle cilindrate all'interno di ciascuna classe nei modelli di più recente immatricolazione. I fattori di emissione medi su percorso urbano di CO2 (grammi/veicoli a chilometro) è minore per le auto non catalizzate di piccola cilindrata (<1,4>2 litri) hanno un contributo di emissione anche due volte superiore (Anpa, 2000). Le emissioni di anidride carbonica globali, fortemente collegate al consumo di combustibili fossili, seguono lo stesso trend positivo dal 1980 al 1997, con un lieve calo nel biennio '93-'94, attribuibile all'andamento negativo dell'economia del Paese. Inoltre, utilizzando il CO2 equivalente per valutare le emissioni dei principali gas serra (anidride carbonica, metano, e protossido di azoto) si osserva che in Italia l'emissione procapite di gas serra, per il periodo 1990-97, è inferiore rispetto ai paesi dell'Unione Europea dei 15 e dei Paesi industrializzati e a economia di transizione (come definiti dal protocollo di Kyoto), ma mostra un trend completamente opposto: mentre negli altri Paesi si assiste ad un decremento delle emissioni procapite, in Italia si ha un aumento, in segno opposto rispetto agli obiettivi nazionali del protocollo di Kyoto, che prevede una diminuzione delle emissioni annue, come media del periodo 2008-2012 pari al 6,5% rispetto al 1990. Per quanto riguarda l'ozono, particolarmente critica la situazione su tutto il territorio nazionale per il quale si registrano in più del 90% delle informazioni disponibili il superamento del livello di attenzione (180ug/m3). Da ricordare che l'ozono è un inquinate secondario, che si forma per reazione di altre sostanze, come gli ossidi azoto (con effetto anche acidificante) e i composti organici volatili non metanici e il monossido di carbonio. Le emissioni totali di NOx tra il 1984 e il 1992 sono aumentate del 33%, per poi invertire la tendenza dal 1993 in poi fino alla riduzione del 16% nel 1997 rispetto al 1992. Il contributo dei trasporti stradali alle emissioni degli ossidi di azoto aumenta del 48% dal 1980 al 1992, per poi decrescere fino a arrivare nel '97 a rappresentare il 53% delle emissioni totali di NOx, di cui il 30% nelle aree urbane (Anpa, 2000). I cambiamenti climatici Il 1998 è stato l'anno più caldo dal 1860, anno a partire dal quale si hanno dati confrontabili, con un aumento della temperatura media di 0,6 gradi centigradi negli ultimi cento anni. Ormai non c'è più alcun dubbio sulla correlazione tra questo aumento della temperatura e le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera, aumentate del 30% dall'inizio della rivoluzione industriale. Secondo gli ultimi rapporti dell'IPCC (l'Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo di di ricerca sul clima globale delle Nazioni Unite) le emissioni di gas serra prodotti da attività umane stanno crescendo ad un ritmo annuo compreso tra lo 0,5% e l'1%, pari a circa 23 miliardi di tonnellate annue di anidride carbonica, e le attività umane sono le maggiori responsabili dell'aumento della temperatura degli ultimi cinquanta anni. Con questo andamento la temperatura media aumenterà entro il 2100 tra 1,4 e 5,8 gradi rispetto ai livelli attuali. L'anno 2000 è stato il sesto anno più caldo dal 1860, con una temperatura media di 0,39 gradi superiore alla media degli ultimi 120 anni; considerando il solo emisfero settentrionale la differenza rispetto alla media è stata di 0,69 gradi. Nonostante in molte parti del mondo si sia manifestata una siccità devastante, il 2000 è stato il terzo anno più piovoso degli ultimi 120 anni, con 41,9 millimetri di pioggia oltre la norma (dati NOAA: National Oceanic and Atmospheric Administration). Lo scenario futuro Lo scioglimento dei ghiacciai è la prima conseguenza dell'aumento della temperatura media del Pianeta, che determinerà l'aumento del livello dei mari, con effetti a catena: il livello dei mari aumenterà di 5 millimetri all'anno, determinando l'aumento di fenomeni di piene fluviali, aumento di precipitazioni e alluvioni, riduzione della disponibilità di acqua dolce, erosione costiera accelerata, montagne senza neve, epidemie di colera e malaria ai Tropici. Parte di questi effetti sono già visibili. L'altezza delle onde marine dell'Oceano Atlantico sulle coste è aumentata di circa un metro negli ultimi trenta anni e il numero dei giorni di mare in tempesta tra gli anni '70 e '80 è raddoppiato fino ad arrivare a 14 al mese (dati Università di Brema). Secondo l'Ipcc i ghiacci del mare artico si sono ridotti tra il 10 e il 15%, mentre quelli dell'Antartico si sono ritirati verso il sud di 2,8 gradi di latitudine a partire dalla metà degli anni '50, e la copertura di ghiaccio di fiumi e di laghi settentrionali dura in media 2 settimane in meno rispetto al 1850. Secondo uno studio recentemente presentato a San Francisco, l'estensione del ghiacciaio del Kilimangiaro è diminuita dal 1912 ad oggi dell'82%, passando da una superficie di 12,1 chilometri quadrati a 2,2 e se il globo continua a riscaldarsi con questo ritmo nel giro di 15-20 non resterà più traccia delle sue nevi perenni, con gravi ripercussioni su tutta la regione (perdita di acqua potabile e per l'irrigazione, e quindi sulla produzione agricola, nonchè sul turismo). Lo stesso studio segnala che la stessa sorte si sta verificando anche per altre montagne: come il ghiacciaio Quelccaya delle Ande peruviane che si è ristretto del 20% dal 1963. Il futuro imminente quindi vedrà aumentare il rischio alluvioni in alcune aree mentre diminuiranno le piogge in altre destinate a diventare semi-desertiche. L'aumento delle ondate di caldo, accompagnato spesso da maggiore umidità e inquinamento, porterà ad un aumento dei malori per il caldo, e ad un probabile aumento di malattie infettive come malaria e colera e di inondazioni. Queste a loro volta aumenteranno i rischi di annegamenti, diarree e infezioni respiratorie. I cambiamenti climatici e lo scenario futuro dell'Italia Anche per il nostro Paese si osservano già attualmente i primi effetti dell'aumento della temperature, che per l'Italia è di 0,7 gradi centigradi negli ultimi 100 anni. Così anche i ghiacciai delle Alpi nell'ultimo secolo la loro estensione in Italia è diminuita di quasi la metà: dai circa 1.000 chilometri quadrati della fine del secolo ai 500 di oggi, come dichiarato dal presidente del Comitato Glaciologico Italiano. Una delle dimostrazioni più evidenti è il caso di Forni in Valtellina, il più grande ghiacciaio italiano, il cui fronte è arretrato di 2 Km, perdendo il 15% della sua superficie, negli ultimi cento anni. Ma per altri ghiacciai minori la riduzione areale è maggiore: il Teodulo-Valtourneniche nei pressi di Cervinia in Val d'Aosta ha perso il 75% della superficie, così come il Tyndal sotto al Cervinio. Le possibili conseguenze non riguardano solo la perdita di paesaggio, ma anche aumento di rischio frane e dissesti geologici, nonché diminuzione della disponibilità della risorsa idrica. Da uno studio del Cnr sull'andamento climatico degli ultimi cinquanta anni nel nostro Paese si scopre che già in questo lasso di tempo si sono verificati cambiamenti nel clima. Negli ultimi 50 anni la quantità di pioggia annua media è diminuita del 10%, ma tende a concentrarsi in un minor numero di giorni, con eventi più intensi di carattere alluvionale. Al Nord su una media di 1.000 millimetri di pioggia all'anno (1 millimetro di pioggia equivale a 1 litro per metro quadro), il calo è stato dell'8%; al Centro su una media di 750 millimetri la diminuzione è stata del 10% e al Sud del 12% su una media di 600 millimetri annui. E così sono diminuite anche le precipitazioni nevose a tutte le quote: facendo riferimento ad una delle stazioni meteorologiche più significative in questo settore, quella del Plateau Rosa a quota 3.480 metri, nel periodo dal 1952 al 1991 c'è stato un calo del 45%, con una riduzione della copertura nuvolosa di circa il 20%. E se l'aumento della temperatura media annua su tutto il territorio della penisola negli ultimi 50 anni è stato dello 0,7 gradi centigradi, per i grandi centri urbani gli aumenti sono stati più marcati, fra 1 e 2 gradi, con un raddoppio, da 10 a 20, di eventi di onde di calore, fenomeni meteorologici estivi più temuti che fanno registrare innalzamenti bruschi della temperatura anche di 7/15 gradi, con pesanti effetti sulla salute della popolazione più debole. Il clima dell'Italia tra 50 anni Secondo uno studio dell'Enea e dell'Ipcc nel 2050 la temperatura media sarà più elevata di circa 3 gradi, con un aumento più accentuato al Nord, con un incremento della piovosità invernale del 10% nelle regioni settentrionali e un calo del 30% di quella estiva nel Sud. I ghiacciai si ridurranno di altro 20-30%. Il livello del Mediterranneo aumenterà di "appena" 20 centimetri. Ma questi basteranno a far verificare a Venezia fenomeni di acqua alta superiori al metro tra gli 80 e i 115 giorni all'anno (oggi sono appena 7). A queste condizioni i centri abitati di Venezia, Chioggia e delle isole minori rischiano un lento ed inesorabile allagamento. Ma a rischio non è solo Venezia: attorno al 2050 saranno a rischio inondandazione 4.500 chilometri quadrati di aree costiere: il 65% si trova al sud, il 25,4% nel Nord e il 5,4% nell'Italia centrale e il 6,6% in Sardegna. Le conseguenze saranno pesanti, con danni che rischiano di essere di migliaia di miliardi.
sito: http://www.miw.it/Inquinamentodatraffico6.htm
Emilz, l'osservatore.
Per loro, ma chissà per quanta altra gente, l'inquinamento non ha la potenza necessaria per cambiare le sorti del clima e di tanti altri fattori descritti ampiamente nell'articolo che segue.
A volte è più facile tirarsi indietro che cercare di modificare le ampie stupidaggini che stiamo commettendo.
EFFETTI A SCALA GLOBALE
I gas serra L'accumulo di gas serra nell'atmosfera sta producendo un aumento della temperature globale, con effetti sul livello del mare, sulla frequenze di siccità e alluvioni, su agricoltura e biodiversità e quindi sui diversi settori socio-economici. I principali gas serra sono l'anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) e il protossido di azoto. Inoltre, il generale aumento dell'ozono troposferico (O3), causato dalle emissioni di ossido di azoto (NOx) e composti organici volatili non metanici (COVNM), contribuisce all'aumento della temperatura globale. Il maggior contributo del settore dei trasporti stradali ai gas serra viene dato in termini di CO2. Pur contribuendo del solo 24% alle emissioni totali nazionali, dopo il settore della combustione, durante la produzione di energia e industria di trasformazione, le emissioni di CO2 dei trasporti stradali mostrano un andamento costante crescente dal 1980 al 1997, seguendo un trend opposto rispetto alle altre sostanze. Tale tendenza sembra dovuta all'aumento delle percorrenze complessive e del numero delle autovetture, nonché ad un relativo aumento delle cilindrate all'interno di ciascuna classe nei modelli di più recente immatricolazione. I fattori di emissione medi su percorso urbano di CO2 (grammi/veicoli a chilometro) è minore per le auto non catalizzate di piccola cilindrata (<1,4>2 litri) hanno un contributo di emissione anche due volte superiore (Anpa, 2000). Le emissioni di anidride carbonica globali, fortemente collegate al consumo di combustibili fossili, seguono lo stesso trend positivo dal 1980 al 1997, con un lieve calo nel biennio '93-'94, attribuibile all'andamento negativo dell'economia del Paese. Inoltre, utilizzando il CO2 equivalente per valutare le emissioni dei principali gas serra (anidride carbonica, metano, e protossido di azoto) si osserva che in Italia l'emissione procapite di gas serra, per il periodo 1990-97, è inferiore rispetto ai paesi dell'Unione Europea dei 15 e dei Paesi industrializzati e a economia di transizione (come definiti dal protocollo di Kyoto), ma mostra un trend completamente opposto: mentre negli altri Paesi si assiste ad un decremento delle emissioni procapite, in Italia si ha un aumento, in segno opposto rispetto agli obiettivi nazionali del protocollo di Kyoto, che prevede una diminuzione delle emissioni annue, come media del periodo 2008-2012 pari al 6,5% rispetto al 1990. Per quanto riguarda l'ozono, particolarmente critica la situazione su tutto il territorio nazionale per il quale si registrano in più del 90% delle informazioni disponibili il superamento del livello di attenzione (180ug/m3). Da ricordare che l'ozono è un inquinate secondario, che si forma per reazione di altre sostanze, come gli ossidi azoto (con effetto anche acidificante) e i composti organici volatili non metanici e il monossido di carbonio. Le emissioni totali di NOx tra il 1984 e il 1992 sono aumentate del 33%, per poi invertire la tendenza dal 1993 in poi fino alla riduzione del 16% nel 1997 rispetto al 1992. Il contributo dei trasporti stradali alle emissioni degli ossidi di azoto aumenta del 48% dal 1980 al 1992, per poi decrescere fino a arrivare nel '97 a rappresentare il 53% delle emissioni totali di NOx, di cui il 30% nelle aree urbane (Anpa, 2000). I cambiamenti climatici Il 1998 è stato l'anno più caldo dal 1860, anno a partire dal quale si hanno dati confrontabili, con un aumento della temperatura media di 0,6 gradi centigradi negli ultimi cento anni. Ormai non c'è più alcun dubbio sulla correlazione tra questo aumento della temperatura e le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera, aumentate del 30% dall'inizio della rivoluzione industriale. Secondo gli ultimi rapporti dell'IPCC (l'Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo di di ricerca sul clima globale delle Nazioni Unite) le emissioni di gas serra prodotti da attività umane stanno crescendo ad un ritmo annuo compreso tra lo 0,5% e l'1%, pari a circa 23 miliardi di tonnellate annue di anidride carbonica, e le attività umane sono le maggiori responsabili dell'aumento della temperatura degli ultimi cinquanta anni. Con questo andamento la temperatura media aumenterà entro il 2100 tra 1,4 e 5,8 gradi rispetto ai livelli attuali. L'anno 2000 è stato il sesto anno più caldo dal 1860, con una temperatura media di 0,39 gradi superiore alla media degli ultimi 120 anni; considerando il solo emisfero settentrionale la differenza rispetto alla media è stata di 0,69 gradi. Nonostante in molte parti del mondo si sia manifestata una siccità devastante, il 2000 è stato il terzo anno più piovoso degli ultimi 120 anni, con 41,9 millimetri di pioggia oltre la norma (dati NOAA: National Oceanic and Atmospheric Administration). Lo scenario futuro Lo scioglimento dei ghiacciai è la prima conseguenza dell'aumento della temperatura media del Pianeta, che determinerà l'aumento del livello dei mari, con effetti a catena: il livello dei mari aumenterà di 5 millimetri all'anno, determinando l'aumento di fenomeni di piene fluviali, aumento di precipitazioni e alluvioni, riduzione della disponibilità di acqua dolce, erosione costiera accelerata, montagne senza neve, epidemie di colera e malaria ai Tropici. Parte di questi effetti sono già visibili. L'altezza delle onde marine dell'Oceano Atlantico sulle coste è aumentata di circa un metro negli ultimi trenta anni e il numero dei giorni di mare in tempesta tra gli anni '70 e '80 è raddoppiato fino ad arrivare a 14 al mese (dati Università di Brema). Secondo l'Ipcc i ghiacci del mare artico si sono ridotti tra il 10 e il 15%, mentre quelli dell'Antartico si sono ritirati verso il sud di 2,8 gradi di latitudine a partire dalla metà degli anni '50, e la copertura di ghiaccio di fiumi e di laghi settentrionali dura in media 2 settimane in meno rispetto al 1850. Secondo uno studio recentemente presentato a San Francisco, l'estensione del ghiacciaio del Kilimangiaro è diminuita dal 1912 ad oggi dell'82%, passando da una superficie di 12,1 chilometri quadrati a 2,2 e se il globo continua a riscaldarsi con questo ritmo nel giro di 15-20 non resterà più traccia delle sue nevi perenni, con gravi ripercussioni su tutta la regione (perdita di acqua potabile e per l'irrigazione, e quindi sulla produzione agricola, nonchè sul turismo). Lo stesso studio segnala che la stessa sorte si sta verificando anche per altre montagne: come il ghiacciaio Quelccaya delle Ande peruviane che si è ristretto del 20% dal 1963. Il futuro imminente quindi vedrà aumentare il rischio alluvioni in alcune aree mentre diminuiranno le piogge in altre destinate a diventare semi-desertiche. L'aumento delle ondate di caldo, accompagnato spesso da maggiore umidità e inquinamento, porterà ad un aumento dei malori per il caldo, e ad un probabile aumento di malattie infettive come malaria e colera e di inondazioni. Queste a loro volta aumenteranno i rischi di annegamenti, diarree e infezioni respiratorie. I cambiamenti climatici e lo scenario futuro dell'Italia Anche per il nostro Paese si osservano già attualmente i primi effetti dell'aumento della temperature, che per l'Italia è di 0,7 gradi centigradi negli ultimi 100 anni. Così anche i ghiacciai delle Alpi nell'ultimo secolo la loro estensione in Italia è diminuita di quasi la metà: dai circa 1.000 chilometri quadrati della fine del secolo ai 500 di oggi, come dichiarato dal presidente del Comitato Glaciologico Italiano. Una delle dimostrazioni più evidenti è il caso di Forni in Valtellina, il più grande ghiacciaio italiano, il cui fronte è arretrato di 2 Km, perdendo il 15% della sua superficie, negli ultimi cento anni. Ma per altri ghiacciai minori la riduzione areale è maggiore: il Teodulo-Valtourneniche nei pressi di Cervinia in Val d'Aosta ha perso il 75% della superficie, così come il Tyndal sotto al Cervinio. Le possibili conseguenze non riguardano solo la perdita di paesaggio, ma anche aumento di rischio frane e dissesti geologici, nonché diminuzione della disponibilità della risorsa idrica. Da uno studio del Cnr sull'andamento climatico degli ultimi cinquanta anni nel nostro Paese si scopre che già in questo lasso di tempo si sono verificati cambiamenti nel clima. Negli ultimi 50 anni la quantità di pioggia annua media è diminuita del 10%, ma tende a concentrarsi in un minor numero di giorni, con eventi più intensi di carattere alluvionale. Al Nord su una media di 1.000 millimetri di pioggia all'anno (1 millimetro di pioggia equivale a 1 litro per metro quadro), il calo è stato dell'8%; al Centro su una media di 750 millimetri la diminuzione è stata del 10% e al Sud del 12% su una media di 600 millimetri annui. E così sono diminuite anche le precipitazioni nevose a tutte le quote: facendo riferimento ad una delle stazioni meteorologiche più significative in questo settore, quella del Plateau Rosa a quota 3.480 metri, nel periodo dal 1952 al 1991 c'è stato un calo del 45%, con una riduzione della copertura nuvolosa di circa il 20%. E se l'aumento della temperatura media annua su tutto il territorio della penisola negli ultimi 50 anni è stato dello 0,7 gradi centigradi, per i grandi centri urbani gli aumenti sono stati più marcati, fra 1 e 2 gradi, con un raddoppio, da 10 a 20, di eventi di onde di calore, fenomeni meteorologici estivi più temuti che fanno registrare innalzamenti bruschi della temperatura anche di 7/15 gradi, con pesanti effetti sulla salute della popolazione più debole. Il clima dell'Italia tra 50 anni Secondo uno studio dell'Enea e dell'Ipcc nel 2050 la temperatura media sarà più elevata di circa 3 gradi, con un aumento più accentuato al Nord, con un incremento della piovosità invernale del 10% nelle regioni settentrionali e un calo del 30% di quella estiva nel Sud. I ghiacciai si ridurranno di altro 20-30%. Il livello del Mediterranneo aumenterà di "appena" 20 centimetri. Ma questi basteranno a far verificare a Venezia fenomeni di acqua alta superiori al metro tra gli 80 e i 115 giorni all'anno (oggi sono appena 7). A queste condizioni i centri abitati di Venezia, Chioggia e delle isole minori rischiano un lento ed inesorabile allagamento. Ma a rischio non è solo Venezia: attorno al 2050 saranno a rischio inondandazione 4.500 chilometri quadrati di aree costiere: il 65% si trova al sud, il 25,4% nel Nord e il 5,4% nell'Italia centrale e il 6,6% in Sardegna. Le conseguenze saranno pesanti, con danni che rischiano di essere di migliaia di miliardi.
sito: http://www.miw.it/Inquinamentodatraffico6.htm
Emilz, l'osservatore.
giovedì 1 febbraio 2007
I ghiacciai del Tibet si sciolgono
PECHINO - La temperatura sull'altopiano del Tibet, dalla quale dipende il tempo in altre regioni della Cina e del mondo, è aumentata di 0.42 gradi ogni decade a partire dal 1980. Lo afferma oggi Xu Xiangde, un esperto dell' Accademia Cinese delle Scienze meteorologiche citato dal quotidiano China Daily. Le dichiarazioni di Xu precedono di un solo giorno la diffusione del rapporto sui cambiamenti del clima elaborato da 500 scienziati riuniti a Parigi sotto l' egida dell' Onu. Una delle conseguenze più gravi del surriscaldamento, spiega Xu, sarà il cambiamento del volume dell'acqua dei grandi fiumi cinesi come lo Yangtze ed il Fiume Giallo. In un primo momento, il volume aumenterà, aggravando il pericolo di straripamenti ed inondazioni; poi si ridurrà, rafforzando il processo di desertificazione già in corso. I ghiacciai del Tibet, dai quali nascono i principali fiumi dell' Asia tra cui il Bramhaputra ed il Mekong, avranno nel 2050 una superficie di un terzo inferiore a quella attuale, ha aggiunto lo scienziato. Per sottolineare l' influenza del clima del Tibet su quello nel resto della Cina, Xu ha ricordato che le disastrose inondazioni del 1998 furono precedute da "forti movimenti di nuvole" sull' altopiano.
ANSA
Il punto di vista di Emilz
Avevo riportato qualche giorno fa, l'nnalzamento delle temperature nella capitale del Tibet, Lhasa. La capitale del Tibet, invasa negli anni '50 dalla Cina, ha registrato un picco di ben 20° nei primi giorni di Gennaio, temperatura altissima viste le alte quote dove è situata la città.
C'è una qualche speranza di cambiamento?
Forse solo quando peggioreranno le cose l'uomo riuscirà a comprendere la propria indifferenza nei confronti della Terra.
Il rischio è tangibile già ora, ma come se niente fosse continuiamo a non vedere.
Emilz, l'osservatore.
domenica 28 gennaio 2007

Tenzin Delek Rinpoche, a well-known lama from Nyagchu area, Lithang County, Kardze Tibetan Autonomous Prefecture (eastern Tibet), was detained on April 7, 2002, at the age of 55. His lead efforts were focused on building monasteries, schools and homes for the poor. He was arrested for alleged "incitement to separatism" and "crimes of terror" and sentenced to death on December 2, 2002 with a two-year reprieve. Tenzin Delek Rinpoche was held incommunicado for eight months until the day of his trial. After his sentencing, he reportedly began a hunger strike to protest his treatment in detention, which sources say has included torture, and because Chinese authorities have denied him a fair trial.
Politically motivated arrest
The circumstances surrounding this case indicate that the prosecution of Tenzin Delek Rinpoche was politically motivated and has not met minimum standards of due process. He built monasteries, schools and homes for the elderly in his community in eastern Tibet. His leadership outside the Communist Party made him a political target. To date, the Chinese authorities have not produced any credible evidence of Tenzin Delek Rinpoche's involvement in the explosions. A smuggled tape made by Tenzin Delek Rinpoche asserted, "Whatever the authorities do and say, I am innocent."
On January 26, 2003 the Sichuan Provincial Court rejected Tenzin Delek's appeal and executed his alleged co-conspirator, Lobsang Dhondup, on that same day. On January 26, 2005, the second anniversary of his appeal rejection, Tenzin Delek Rinpoche's death sentence was commuted to life in prison. However, the case has yet to be resolved justly.
Despite appeals by the international community, Tenzin Delek Rinpoche is still serving an unjust life sentence in Chuandong Prison in Sichuan Province and is reportedly being treated for heart disease. ICT calls for the immediate release of Tenzin Delek Rinpoche - Take Action!
TAKE ACTION NOW!
January 26 marks the 4th anniversary of Tenzin Delek Rinpoche's shocking arrest for his alleged involvement in a series of unsolved bombings in Eastern Tibet. Along with Lobsang Dhondup, Tenzin Delek Rinpoche was arrested and sentenced to death for "incitement to separatism" and "crimes of terror". Twenty-eight year-old Lobsang Dhondup was summarily executed by China in January 2003, but international outrage saw Tenzin Delek's death sentence commuted to life imprisonment in 2005.
You can voice your support for Tenzin Delek Rinpoche's release by downloading and signing this petition that will be sent to Mr. Li Zhaoxing, the Chinese Minister of Foreign Affairs. (An online petition will be made available on this website shortly!) :
Politically motivated arrest
The circumstances surrounding this case indicate that the prosecution of Tenzin Delek Rinpoche was politically motivated and has not met minimum standards of due process. He built monasteries, schools and homes for the elderly in his community in eastern Tibet. His leadership outside the Communist Party made him a political target. To date, the Chinese authorities have not produced any credible evidence of Tenzin Delek Rinpoche's involvement in the explosions. A smuggled tape made by Tenzin Delek Rinpoche asserted, "Whatever the authorities do and say, I am innocent."
On January 26, 2003 the Sichuan Provincial Court rejected Tenzin Delek's appeal and executed his alleged co-conspirator, Lobsang Dhondup, on that same day. On January 26, 2005, the second anniversary of his appeal rejection, Tenzin Delek Rinpoche's death sentence was commuted to life in prison. However, the case has yet to be resolved justly.
Despite appeals by the international community, Tenzin Delek Rinpoche is still serving an unjust life sentence in Chuandong Prison in Sichuan Province and is reportedly being treated for heart disease. ICT calls for the immediate release of Tenzin Delek Rinpoche - Take Action!
TAKE ACTION NOW!
January 26 marks the 4th anniversary of Tenzin Delek Rinpoche's shocking arrest for his alleged involvement in a series of unsolved bombings in Eastern Tibet. Along with Lobsang Dhondup, Tenzin Delek Rinpoche was arrested and sentenced to death for "incitement to separatism" and "crimes of terror". Twenty-eight year-old Lobsang Dhondup was summarily executed by China in January 2003, but international outrage saw Tenzin Delek's death sentence commuted to life imprisonment in 2005.
You can voice your support for Tenzin Delek Rinpoche's release by downloading and signing this petition that will be sent to Mr. Li Zhaoxing, the Chinese Minister of Foreign Affairs. (An online petition will be made available on this website shortly!) :
http://www.savetibet.org/documents/document.php?id=147
Watch this inspiring movie about Tenzin Delek Rinpoche by Students for a Free Tibet, at: http://studentsforafreetibet.org/downloads/tenzin_content.html
Watch this inspiring movie about Tenzin Delek Rinpoche by Students for a Free Tibet, at: http://studentsforafreetibet.org/downloads/tenzin_content.html
(dal sito ITALIA-TIBET.org)
Nato a Litang, nel Sichuan, nel 1950, Tenzin Delek è stato protagonista, nella sua provincia, di battaglie ambientaliste, sociali e religiose. Dal 1982 al 1987 visse in India, dove studiò sotto la supervisione del Dalai Lama, il leader tibetano in esilio dal 1951. Dal suo maestro venne riconosciuto come "tulku", ovvero lama reincarnato. Tornato in Cina nel 1987, Tenzin Delek fondò monasteri, ospedali, scuole e orfanotrofi ma i suoi rapporti con le autorità cinesi si guastarono nel 1993, quando si oppose ai tentativi di disboscamento attuati dal governo nelle aree tibetane. Arrestato nell'aprile 2002 con un altro monaco, Lobsang Dhondup, 28 anni, i due vennero accusati dell'attentato avvenuto agli inizi di quello stesso mese nella piazza principale di Chengdu, capoluogo della provincia del Sichuan. I due monaci furono entrambi condannati a morte il 2 dicembre 2002 ma il 26 gennaio 2003 la sentenza venne eseguita solo per Lobsang Dhondup; Tenzin Delek si vide sospendere la condanna per due anni. Nel gennaio 2005, a seguito delle fortissime pressioni internazionali, la condanna a morte è stata commutata nel carcere a vita.
Il punto di vista di Emilz
A rimetterci la vita fu Dhondup, adesso (di nuovo) Tenzin Delek. E' inaudita la persecuzione dilagante nei confronti dei Tibetani. Cesserà mai questa inutile violenza? Intanto la vita continua...
Emilz, l'osservatore.
martedì 23 gennaio 2007
Balene, Sos!
Una montagna di carcasse di balene lasciate marcire in discarica. La scoperta è di Greenpeace che ha documentato con foto e video queste scioccanti immagini di pezzi di balenottere comuni, specie in pericolo di estinzione, gettate in una discarica pubblica e abbandonate. E la prossima settimana, annuncia l'associazione, la nave Esperanza, con a bordo l'attivista italiana Caterina Nitto, navigherà verso l' Oceano Meridionale con l'intenzione di fermare gli arpioni giapponesi che stanno per riprendere la caccia. "Le terribili immagini di carcasse di balenottere comuni, specie in pericolo d'estinzione, abbandonate in una discarica pubblica in Islanda - afferma Greenpeace - svelano quanto sia ridicolo parlare della cosiddetta caccia sostenibile". Le fotografie scattate da Greenpeace mostrano 179 tonnellate di carne di balenottera comune lasciate marcire, pari ad almeno la metà del peso dei sette esemplari uccisi lo scorso anno. Altre 200 tonnellate di carne, parte della stessa battuta di caccia, sono rimaste invendute. "Ora - riferisce Greenepeace - si trovano in magazzini frigoriferi e verranno sottoposte a test per verificarne la contaminazione chimica. A causa del mare inquinato, questa carne non è adatta al consumo umano mentre dovrebbe essere esportata a questo scopo in Giappone". "L'Islanda afferma che la caccia commerciale alle balene è sostenibile, ma cosa c'é di sostenibile nel dare la caccia a specie in pericolo d'estinzione e nel gettarle in discarica?", chiede Alessandro Giannì, responsabile della campagna Mare di Greenpeace, secondo il quale "sia l'Islanda che il Giappone continuano la caccia alle balene sfidando l'opposizione nazionale e internazionale sebbene non esistano giustificazioni né scientifiche, né economiche, né ambientali per tutto questo". "Proprio mentre in Islanda è scoppiato lo scandalo - prosegue Greenpeace - la flotta baleniera giapponese si prepara a cacciare dieci balenottere comuni e 935 balenottere minori nel Santuario delle Balene dell'Oceano Meridionale, questo malgrado il fatto che il Giappone abbia scorte di carne di balena derivanti dalle precedenti battute di caccia che superano le quattromila tonnellate". E ciò nonostante il fatto che, ricorda l'associazione, secondo un recente sondaggio, il 69% dei giapponesi si oppone alla caccia alle balene e il 95% non ne ha mai o quasi mai consumato la carne. Per la sorte delle balene a maggio, in Alaska, si terrà l' incontro annuale della Commissione Baleniera Internazionale (IWC) dove Greenpeace si batterà per mantenere la moratoria sulla caccia.
Il punto di vista di Emilz.
Quando sono gli affari a contare non c'è balena che tenga, anche quando (come riportato nell'articolo) il consuno di questa carne è molto basso. C'è un sito che trovo molto importante da seguire, costruito proprio da greenpeace, dove si può interagire per dare idee e suggerimenti contro la lotta alle balene. Ve lo consiglio.
http://207.150.162.168/it
Emilz, l'osservatore.
Il punto di vista di Emilz.
Quando sono gli affari a contare non c'è balena che tenga, anche quando (come riportato nell'articolo) il consuno di questa carne è molto basso. C'è un sito che trovo molto importante da seguire, costruito proprio da greenpeace, dove si può interagire per dare idee e suggerimenti contro la lotta alle balene. Ve lo consiglio.
http://207.150.162.168/it
Emilz, l'osservatore.
lunedì 22 gennaio 2007
venerdì 19 gennaio 2007
No Comment!
WASHINGTON - Il costo della guerra in Iraq ed Afghanistan ha superato i dieci miliardi di dollari al mese, ha riferito al Congresso il vice ministro della difesa Gordon England. La guerra in Iraq, in particolare, ha raggiunto un costo medio mensile di 8,4 miliardi di dollari al mese, con un aumento progressivo dei costi rispetto al periodo iniziale del 2003 quando si era al livello di 4,4 miliardi di dollari al mese. Parte dei costi supplementari sono dovuti alla necessità di sostituire equipaggiamento costoso, come aerei ed elicotteri, danneggiato o distrutto nella guerra. Il Congresso ha già stanziato 70 miliardi di dollari di spesa di guerra per l'anno fiscale 2007 ma l'amministrazione Bush chiederà lo stanziamento di altri 100 miliardi di dollari per spese "d'emergenza" causate dal conflitto. Dall'inizio della guerra in Iraq, secondo i calcoli dei contabili del Congresso, sono già stati stanziati dal parlamento americano fondi per 344 miliardi di dollari per finanziare il conflitto. Il funzionario di un altro organo di controllo amministrativo del Congresso, il GAO, ha rivelato giovedì che l'Iraq non ha speso una parte dei fondi destinati alla ricostruzione del paese. "Ci sono sei miliardi di dollari che non sono mai stati spesi dalle autorità irachene", ha reso noto il funzionario facendo l'esempio del ministero del petrolio di Baghdad che ha speso una parte minima dei 3,6 miliardi di dollari stanziati per riparare la sua infrastruttura petrolifera.

ANSA.

domenica 14 gennaio 2007
La ferrovia cinese in Tibet cede, intanto a Lhasa 20°!

Il punto di vista di Emilz.
E' innegabile il peggioramento climatico globale del nostro pianeta a causa del sempre più eccessivo inquinamento provocato dall'uomo con le sue macchine distruttrici.
Il Tibet che è un paese dalle vette più alte della Terra, ha registrato questo picco che dovrebbe metterci ancora di più in allarme. Lo scioglimento dei ghiacciai sulle alte montagne dell'Everest stanno provocando stragi e smottamenti in quei paesi che geograficamente si trovano al sud dell'imponente catena montuosa.

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