giovedì 8 novembre 2007

Il silenzio compagno - prima parte

a coloro che lo specchio
riflette immagini altre


Dall’uovo del mondo sacrificato ti eri immerso
nell’ indescrivibile.
Non avresti mai immaginato di essere in tale avvenenza.
In perenne sospensione intorno al guscio tuo; aspettavi immobile, mentre un guizzo d’aurora ti portava nel profondo oceano di vita.
La parola data attendeva, il gesto ricevuto si muoveva con lo sguardo che ti invadeva. Piccolo eri in quel nido privo di paura.
Intorno a te tempo in movimento. Una burrasca infinita di precarietà, spingeva il tutto nel vortice di un oblio rarefatto.
Tenace tranquillità prometteva divina comprensione,
quando un vento esterno colmo di apprensione si spingeva all’interno di una casa senza porte.
Il tramonto ormai arrivato a destinazione, salutava la tua maturità.
La natura faceva per te momento di meditazione in un’era di indecisione.
Sembravi una goccia di rugiada caduta dal tronco che in passato t’era stato di grande illuminazione.
Con lo sguardo proteso verso il fuori promettevi distacco necessario.
Intorno a te tempo in movimento, una burrasca infinita di precarietà, ti spingeva nel tutto in un vortice di un oblio rarefatto.
Stabile fermezza che t’era sempre stata amica fermava codesto tumulto di movimento, nel tempo…di tempo non tempo.
La collisione devastante provocava raffiche di amore scintillante. L’intero essere si animava di una gioia incalcolabile, musica indescrivibile.
Silenzio provocato, nato da siffatta situazione, dava parola ai più di scegliere l’immortale intelligenza o la flebile stranezza.
Un caos di dubbio si faceva largo nel fiume prosciugato.
In disparte, forte della tua consapevolezza, guardavi la massa che desiderava cogliere le ultime gocce di stravaganti illusioni.
Carcasse di vuoti simulacri scivolavano via incuranti di un arcobaleno assai vicino.
L’acqua ormai spenta sotto egocentrici scalzi, domandava perdono a te che la contemplavi.
Sincerità illuminante priva di giudizio, balenava dal tuo sorriso carico di calore.

Verità era colta dal terreno, come un fiore prima vivo poi appassito, salivi gli ultimi gradini di una scala senza foggia.

Emilz.

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