sabato 3 novembre 2007

Quando un ricordo positivo diventa altro.

Tempo fa decisi di contattare un mio vecchio professore di Linguaggio Cinematografico, un regista modesto, un ottimo insegnante, per tentare di aprire una porta e finalmente trovare un lavoro. Ero assai deciso, infatti attesi per più di un'ora prima di incontrarlo. Quest'uomo è un ritardatario cronico, anche se molto preciso.
Quando arrivò a scuola lo informai della mia situazione, ero alla ricerca di un posto di lavoro. Lui mi disse che stava facendo un documentario sul cinema italiano e che gli serviva un assistente montatore. Ovviamente il lavoro non era retibuito, ma questo non mi indignò granchè perchè ho imparato a memoria il ritornello: "però non ti paghiamo".
Accettai la proposta.
Durante un colloquio con un altro professore ascoltai una conversazione interessante.
I due parlavano di possibili viaggi. Emerse che questo mio professore era stato in Birmania, aveva fatto un viaggio bellissimo e consigliava di andarci. Pensai che era un segno. La mia passione per l'Asia, soprattutto per il vicino Tibet, per la cultura buddhista, ma soprattutto per il mio progetto di documentario sul popolo delle nevi potevano finalmente trovare la luce grazie all'esperienza di questo professore. Sono un grande romanticone, anche troppo sognatore.

Passai tutta l'estate a lavorare per questo documentario, una volta finito mi ritrovai di nuovo nella stessa situazione iniziale. Feci qualche altro lavoro per questo mio professore, ormai lo frequentavo assiduamente anche a casa. E' proprio in casa di quest'uomo che ammirai un bellissimo arazzo (piccolino) di un Buddha, forse comprato come ricordo proprio in Birmania.
Non dissi nulla.
Un giorno presi la palla in balzo riferendo la mia passione per il Tibet, la volontà concreta di fare un documentario sulla cultura del popolo delle nevi e quant'altro.
Non mi aspettavo granchè e in effetti non successe niente.

Io sono uno che non rompe le scatole, non fa pressioni, è proprio una mia caratteristica che non va d'accordo con il movimento della società. Dico una volta sola una cosa e se vedo un certo interesse nella persona bene, altrimenti non insisto.
La voglia di collaborare con questa persona cadde inesorabilmente quando, non so per quale motivo, decise di mettermi alla prova (quando avevo già dimostrato il mio impegno).

Ricevetti una telefonata. Era sempre questo mio professore. Mi dette un lavoro da fare. Si trattava di fare uno show reel di una serie televisiva che aveva diretto.
Un giorno mi chiama e mi dice che dovevamo assolutamente finire il lavoro perchè andava consegnato a un suo amico che vive a New York.
Andai a casa sua e cominciai a lavorare.
Beh, mi trattenne a lavoro la bellezza di 18 ore di lavoro (sig!).
Cenai a casa loro insieme alla famiglia.
Uscì fuori un discorso strano.
Il figlio non ancora maggiorenne aveva deciso di uscire e fare festa con gli amici, rimaneva a dormire da un amico, il giorno dopo però aveva una gara di canottaggio (sembrava essere importante).
Il padre contrariato gli disse di rinunciarvi perchè se voleva diventare un campione doveva dimostrare di essere professionale.
Il figlio non disse niente, però a una certa ora prese la borsa e uscì di casa.
Con tutta risposta, l'uomo disse che non sarebbe andato a vedere la gara, non meritava la sua attenzione.
Dopo essermi riposato per un giorno intero e aver spento cellulare e quant'altro, il mio prof. mi richiama dopo due giorni.
Era contrariato perchè si aspettava un mio ritorno a casa sua (dopo 18 ore passate assieme non avevo voglia di rivederlo!) dicendo che dovevo avvertirlo ecc. ecc.
Mi recai di nuovo a casa. Avevo voglia di vomitare.
Mi fece un altro dei suoi discorsi piuttosto strani (almeno io li reputo tali).
Mi disse che se volevo fare strada dovevo essere più rompiballe, che non si campa facendo solo i documentari, perciò chiamò un suo amico montatore e gli parlò di me. Gli disse che ero affidabile, uno che andava sfruttato tanto non dicevo mai nulla (rise divertito, io un pò meno).
Quando attaccò mi liquidò dicendo che quello era l'ultimo contatto che mi dava e che dovevo cavarmela da solo.
Uscii di casa e lo salutai per l'ultima volta.

In quei giorni mi sembrava d'aver un altro padre, uno che ti dice come devi comportarti, come devi agire, come devi lavorare per diventare...
Ho imparato che non voglio diventare perchè sono già una persona e per questo voglio avere la libertà di sbagliare e di crescere in base alle mie decisioni.

3 commenti:

sandra Marcellini ha detto...

La propria personalita' si costruisce sull'esperienza.Se si è sufficentemente determinati si raggiungono tutti i traguardi, abbattendo tutti gli ostacoli.Un padre puo' essere rompiballe se da consigli, ma io credo che i consigli vanno sempre ascoltati ,in modo particolare quelli di un padre. fortunato te, che lo hai ancora lì a darsi pensiero per te.Poi certo ognuno è libero di agire come meglio crede. Per quanto riguarda chiedere o, fare pressioni ad una persona che ci offre delle opportunita''credo sia soprattutto una questione di umilta',se l'orgoglio ti impedisce di chiedere è un problema, se ti lasci sfruttare per dimostrare la tua buona volonta',sarai sfruttato!. Comincia a dare un valore ai tuoi impegni e al tuo lavoro. Avresti pouto dire: va bene non mi paghi, e mi fai fare esperienza di lavoro ,ma se riconosci il valore del mio impegno e cio' che faccio lo faccio bene, mi dai modo di essere conosciuto,.... dammi una mano a trovare un lavoro retribuito, anche poco per cominciare. Se proprio vuoi darmi una mano e raccomandarmi, fallo con qualcuno che non sfruttera' le mie capacita' senza riconoscimento.Questo è un discorso da farsi,tanto la gavetta bisogna farla in qualsiasi settore e ci si adegua per un po' ,ma non si puo' vivere tutta la vita facendo gavetta, perchè vuol dire che: o non si ha talento o non si vuol tirar fuori la giusta determinazione per il raggiungimento dell'obbiettivo. Scusa la mia franchezza Emil, ma dico sempre quel che penso.Credo che mai niente possa piovere dal cielo solo perchè crediamo di meritarlo e perchè il nostro sforzo e sacrificio sono visibili e indiscutibili.Se non chiedi sara' molto difficile che ti verra' dato! Prova anche a considerare quanto nel tuo settore, puo' essere lungo il periodo di apprendimento.Forse ci vuole un po di pazienza ancora.
un abbraccio, Sandra( a proposito il tuo blog mi piace molto, come hai fatto ad inserire l'immagine del faro all'inizio della pagina?)

Emilz ha detto...

Sandra hai ragione. Però questo l'ho capito solo dopo questa esperienza.

In quanto ai consigli di mio padre li accetto se li ritengo dei buoni consigli, in tal proposito mi trovo sempre o quasi in disaccordo con mio padre perchè lui ha una concezione di vita diversa, ma non per questo non lo ascolto o non cerco di capire quello che mi dice.

n.b.
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Francesca ha detto...

Caro Emilz,
mi riconosco molto in quello che scrivi. Io sono come te. Non mi impongo e a volte perdo delle occasioni per paura di disturbare... Quando poi mi decido a fare il passo è troppo tardi: qualcuno è arrivato prima di me!!!
Ma questo è il mio carattere... non posso fare violanza a me stessa!!! Forse questa eccessiva timidezza deriva da una insicurezza di fondo: non sono certa di essere la persona giusta al posto giusto o di non avere abbastanza preparazione o conoscenza... Ma quando la cosa da fare o da proporre era quella giusta, quella che sentivo dentro di me forte e inesorabile, allora non mi sono tirata indietro. Sempre con i miei tempi e i miei ritmi, sempre in punta di piedi e in silenzio ho fatto un passo dietro l'altro e sono arrivata alla meta. Non mi piace bruciare le tappe e credo che la gavetta sia la scuola migliore... Ma Sandra dice bene: se sei sicuro della tua forza e del tuo talento... tira fuori le unghie!!!
Qual'è esattamente il tuo lavoro???...o quello che ti piacerebbe fare "da grande"???

Un abbraccio

Francesca