venerdì 14 dicembre 2007

I mille km di Milano

L'avventura a Milano è stata per certi versi un disastro per altri un trionfo.
Ho sfiorato l'appuntamento privato con il Dalai Lama il giorno che sono partito, i tibetani nella fase organizzativa lasciano veramente a desiderare. Nei giorni d'insegnamento del capo spirituale tibetano non sono mai riuscito a avere il pass per fare le riprese decentemente, eppure m'avevano detto di non preoccuparmi. A Cologno Monzese m'hanno buttato in un angolo lontano un miglio, eppure conosco i responsabili tibetani da quasi quattro anni, ma lì contano altri meccanismi.
Quando il Dalai Lama arriva in Italia nessuno capisce più niente, tutti intenti a fare bella figura. C'è uno spaccato di realtà dietro alla grandezza di quel "semplice" monaco in esilio assai preoccupante, davvero in controtendenza con le parole dirette e sincere di quell'uomo misurato e pacato.
Nessuno può pensare minimamente che dietro un'organizzazione così importante molti tibetani si fanno la guerra, cercando di apparire potenti e grandiosi di fronte alle istituzioni italiane e principalmente al loro capo spirituale. Non riescono a unire le forze per la stessa causa dividendosi in organizzazioni e interessi. Un peccato che costerà caro, temo.
Comunque al di là delle scaramucce tra tibetani prima e italiani che mangiano a sbafo dietro la figura del Dalai Lama, rimane l'essenza dell'insegnamento di questa persona. Non tanto l'intricata pappardella di nomi buddhisti assai noiosa, ma l'unico e universale messaggio di pace espresso con i fatti e la determinazione di un uomo contro una politica avversa al denaro.

2 commenti:

Francesca ha detto...

Purtroppo dietro ai grandi uomini che brillano come il sole ci sono sempre omuncoli piccoli come asteroidi che cercano di sfruttare un po' di luce riflessa...
Ho visto il Dalai Lama a Udine... è stata una straordinaria esperienza e ho imparato molto... non solo dalle parole che pronunciava, ma anche dalla sua semplicità, dalla sua ironia e dalla sua simpatia.
Un abbraccio
Francesca

sandra Marcellini ha detto...

Ogni popolo costruisce da se il proprio Karma, purtroppo ci sono sempre persone che speculano sulle persecuzioni, sentendosi legittimati a comportarsi alla stregua di chi li ha oppressi ed è probabilmente per questo motivo che dopo 50 anni non si vede risoluzione alla situazione tibetana.L'olocausto ha fatto si che gli ebrei vivessero e vogliono ancora vivere di rendita delle atrocita' subite come fosse una patente che permette qualsiasi cosa in nome dei danni subiti. Se per il tibet non è così evidente, è probabilmente perchè a rappresentare quel governo c'è un uomo come il Dalai Lama, ma non è escluso che una volta morto, non si rendano piu' evidenti agli occhi del mondo le controversie e la brama di potere dei subalterni.