mercoledì 13 dicembre 2006

Mandiamoli a casa quei ragazzi

C’è qualcosa di complesso nella mentalità “scortese“ di tutte quelle persone che pensano alla difesa del proprio paese come un atto voluto da Dio. Gli Stati Uniti sono un grande popolo, con una cultura molto interessante, però sono pervasi da quel senso di potenza che inevitabilmente li devasta, li rende ciechi di fronte al pericolo, sempre più vicino. L’importanza politica così notevole che hanno gli Stati Uniti nei confronti, per esempio, di tutti quei stati del Sud America, è impressionante. Allo stesso modo, in maniera sempre differente, l’asservimento provocato dalla sunnominata “potenza” è riscontrabile in quei paesi che in passato hanno avuto a che fare con gli americani. L’Europa, il Medioriente, alcuni paesi dell’Asia e così via. Tutti concentrati a seguire il modello “perfetto” dei nostri: salvatori, conquistatori, aguzzini, amici, nemici ecc. ecc.
Quando, in una terribile mattina, l’America si è sentita attaccata nel cuore della sua potenza, tutto il mondo ha avuto un sussulto. Quanto è iniquo il mondo. C’è una voce lontana, inascoltata da anni, nessuno sembra volersene accorgere, quantomeno adesso, quando c’è da difendere la sospirata libertà. Ci sono un gruppo di soldati, inetti, in un mondo non loro; che muoiono, che uccidono, per difendere cosa? Io direi, per preservare “l’idea” dell’essere intoccabili, divini, di fronte a tutte le altre razze di questo pianeta, o semplicemente essere lì per i soliti controlli, le solite tattiche politiche. Se prima esisteva l’incubo comunista, da distruggere e debellare, ora la minaccia arriva dai terroristi islamici, incontrollabili nemici, creati su misura in un mondo sempre più vicino al collasso. A rimetterci le penne, saranno sempre giovanissimi inesperti che per un’ideale, o per convenienza, rifiutano la vita, per toglierla in un’altra parte del mondo.

Emilz, l'osservatore.

Nessun commento: